La madre lavoratrice
di Giuliano Testi – CTS SEAC
La frase “madre lavoratrice” è ridondante
Jane Sellman
La citazione che apre questo editoriale è breve, ma racchiude un’immensa verità. Il sostantivo “madre” incorpora al suo interno il concetto di lavoro e non si tratta di un lavoro qualsiasi, ma della cura della famiglia a trecentosessanta gradi, un impegno enorme che spesso le donne riescono addirittura a svolgere senza neanche mostrare la fatica, che però c’è e non va sminuita. Crescere i figli è un impegno quotidiano e dura anni ed anni, ed in un certo senso non finisce mai perché – tanto per citare la scrittrice Toni Morrison – “Grown don’t mean nothing to a mother. A child is a child. They get bigger, older, but grown? What’s that suppose to mean?”; aggiungiamo la quota di lavoro necessaria per accudire le persone anziane che fanno parte del nucleo familiare, sempre più numerose grazie ad un’aspettativa di vita che si è costantemente innalzata negli anni; aggiungiamo – diciamocela tutta e facciamo penitenza – l’impegno necessario per aiutare quotidianamente quello strano animale chiamato uomo, in grado di progettare razzi spaziali che un giorno ci condurranno su Marte ma del tutto incapace di assimilare concetti invero semplici come utilizzare correttamente una scarpiera, far partire una lavatrice, utilizzare un ferro da stiro.
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E attenzione, a questi aspetti di cui vi ho parlato fino ad ora dobbiamo aggiungere quello che comunemente – e per favore piantiamola – si definisce il “lavoro vero”, quello che si fa in ufficio, in fabbrica, nei campi, o dove volete voi. Beh, le donne fanno anche quello, e lo fanno anche bene. In una società come la nostra, che si autodefinisce progredita e moderna, sarebbe veramente l’ora di riconoscere questa che altro non è se non una verità che tutti abbiamo di fronte agli occhi. In primis dovremmo farlo tra le mura domestiche, attribuendo quel merito e quel rispetto che le nostre compagne hanno diritto di avere, e fuori dalle mura domestiche tutelando con forza i loro diritti, quei diritti che troppo spesso e troppo a lungo abbiamo calpestato, esibendo una pochezza di pensiero che non ci fa onore. Qui non si tratta di opinioni, i fatti sono chiari, i dati inconfutabili. Le donne – per tutti i motivi elencati prima – hanno meno opportunità di lavoro, spesso lavorano part-time sacrificando in parte la propria pensione futura e la propria indipendenza presente, guadagnano meno degli uomini e molto difficilmente riescono a raggiungere le posizioni gerarchicamente più elevate. Se ne parla da tempo, tanto tempo, ma in verità si è molto restii nell’agire. Non dobbiamo nasconderci la verità, è un problema fondamentalmente culturale, che ha radici profonde e che è necessario portare davanti agli occhi di tutti. Noi di LAW&HR vi forniamo in questo numero alcuni spunti di riflessione, grazie anche alle preziose testimonianze di Chiara Gribaudo, Antonella Inverno e Alessandra Pescarolo.