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SEAC

Construção

di Giuliano Testi – CTS Seac

 

Oggi vi propongo un esercizio… Procuratevi una lista di mille nominativi – ad esempio utilizzando un elenco del telefono, strumento vituperato e non à la page ma talvolta ancora utile – ed iniziate a leggerli, uno dopo l’altro, nome dopo nome dopo nome dopo nome… Sarà durissimo arrivare al millesimo nominativo. Pensate che si tratti di un elenco lunghissimo, stancante, quasi infinito? Avete proprio ragione. Riprendete fiato e sappiate che in Italia, nel 2021, abbiamo avuto 1.221 infortuni mortali sul lavoro, moltissimi. Se ne parla tanto, si fa anche tanto – dobbiamo riconoscerlo – ma ancora non basta. Il problema è che non si tratta solo di numeri – che peraltro ci impressionano – sono vite svanite, sono uomini e donne che non ci sono più. Sono storie minime, storie di persone qualunque che vanno a lavorare, che hanno un loro microcosmo familiare, tante vicende, volti, parole, pensieri, sogni per un futuro da costruire per sè e per i figli, gli impegni di domani, un percorso da percorrere, gente comune.

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E poi… e poi accade l’imprevedibile, un evento, una mancanza, la sfortuna, una leggerezza, a volte la colpa di qualcuno… il destino inconoscibile a sbarrare la strada, a ricordarci che in fin dei conti siamo esseri molto molto vulnerabili. Si crea un vuoto incolmabile, e la lista di quei mille e passa nominativi che vi ho fatto leggere prima si moltiplica, coinvolgendo mogli, mariti, compagne, compagni, figli, amici. Nel riflettere su cosa scrivere in questo editoriale mi è venuta in mente una canzone di denuncia scritta nel 1971 da Chico Buarque de Hollanda, Construção, che nonostante abbia superato il mezzo secolo è ancora drammaticamente attuale.