Il Terzo Settore: alcuni aspetti relativi ai rapporti di lavoro
di Roberto Santoro
Premessa e fonti normative
La riforma della disciplina del terzo settore, ufficialmente iniziata con la pubblicazione sulla G.U. della L. 106 del 6 giugno 2016, recante delega al Governo per la riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e della disciplina del servizio civile universale inizia il suo cammino già in epoca precedente al suo arrivo in sede parlamentare.
Infatti, le linee guida della riforma furono già anticipate in un documento governativo del maggio 2014 (visibile in www.presidenza.governo.it) e successivamente sottoposto ad una consultazione pubblica (i cui dati furono resi pubblici nel settembre 2014) allo scopo di agevolare il confronto con le opinioni degli attori del terzo settore e dei cittadini sostenitori o utenti finali degli enti del non-profit.
Le finalità della legge sono esplicitate nell’incipit del suo primo articolo per “sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione”.
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Altra esigenza sottostante alla legge deriva dalla considerazione che, nonostante l’importanza economica del c.d. terzo settore, la materia era regolamentata da una disciplina normativa, succedutasi nel tempo, senza un disegno organico e molto frammentata.
In via esemplificativa, la disciplina civilistica all’epoca vigente scontava l’anacronismo derivante da quanto era stata concepita (anni ’40 del secolo scorso), in particolare l’assoluta mancata previsione di un’eventuale vocazione imprenditoriale degli enti no-profit, poi corretta con successivi interventi normativi (soprattutto di carattere fiscale) che non hanno tuttavia inciso sulle norme del codice civile. Le disposizioni ivi contenute nel Capo II (artt. da 14 a 35) disciplinano le associazioni riconosciute, ossia gli organismi associativi dotati di personalità giuridica, mentre il capo III (dall’art. 36 all’art. 42) regola le associazioni non riconosciute, ossia prive di personalità giuridica, ed i comitati. Le cooperative sono disciplinate dagli artt. 2511-2548 del Libro V del codice civile.