Le accuse infondate di un dirigente
Il caso
Tizio, assunto presso l’azienda Alfa con la qualifica di direttore generale, nel corso di un consiglio di amministrazione manifestava in maniera critica le proprie riserve in ordine alla correttezza di alcune voci riportate nel bilancio, addebitando la responsabilità ai membri del consiglio di amministrazione.
Ritenendo configurabili i reati di falso in bilancio nell’ipotesi di mancato accoglimento dei propri rilievi, Tizio presentava denuncia all’autorità giudiziaria.
Le critiche sollevate rendevano necessarie una serie di verifiche da parte del collegio sindacale e della società di revisione che dimostravano la sostanziale infondatezza delle affermazioni rese.
La società decideva di formulare nei confronti di Tizio una contestazione disciplinare con successivo licenziamento del dirigente per giusta causa ritenendo leso in maniera definitiva il rapporto di fiducia in quanto il dirigente si era volontariamente posto in contrapposizione con le scelte adottate dagli organi gestionali della società, formulando giudizi gravemente lesivi della reputazione dell’azienda e dei suoi amministratori in seguito rivelatisi privi di fondamento.
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Diritto di critica versus dovere di fedeltà
Nel caso di specie Tizio, dipendente dell’impresa Alfa con qualifica di direttore generale, esprimeva, nel corso di un consiglio di amministrazione, importanti critiche nei confronti dei membri del consiglio di amministrazione in ordine alla corretta redazione del bilancio, paventando, in caso di mancato accoglimento dei rilievi formulati, l’integrazione della fattispecie penale di falso in bilancio, che provvedeva a denunciare all’autorità giudiziaria.
A seguito delle verifiche effettuate emergeva che le accuse mosse erano prive di ogni fondamento.
La vicenda analizzata pone la questione dei limiti all’esercizio del diritto di critica del prestatore di lavoro nei confronti del datore di lavoro.