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Bestiario minimo

Ovvero della rivalità tra anatre ed aquile, e di come un cavallo possa essere spacciato per unicorno, quest’ultimo mancando

di Giuliano Testi – CTS SEAC

Ma l’unicorno è una menzogna? 
Molti inclinano a ritenere che sia una invenzione favolistica dei pagani.
Che delusione, dissi. Mi sarebbe piaciuto incontrarne uno attraversando un bosco. Altrimenti che piacere c’è ad attraversare un bosco?
Non è detto che non esista. Forse è diverso da come lo rappresentano questi libri.

Umberto Eco – Il nome della rosa

Prendete alcuni esseri umani, metteteli all’interno di una stanza e date loro il compito di parlare del loro lavoro e delle relative problematiche. A seconda dei componenti del gruppo, faranno inesorabilmente capolino alcuni argomenti. Nel caso in cui i soggetti prescelti appartengano al variegato mondo delle risorse umane, uno degli argomenti ricorrenti sarà certamente quello della talent attraction, la capacità di attrarre i talenti. E qui già abbiamo un problema, ovvero la definizione di talento che – dizionari a parte – è piuttosto soggettiva, così come soggettiva ne è la gradazione, la cui massima espressione è il cosiddetto “talento puro”, rarissimo, sempre che esista.

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Chi di noi è più realista o facile ad accontentarsi potrà dire di aver incontrato vari talenti nel corso della propria vita. Chi è molto esigente e pretende sempre il massimo, non ne incontrerà mai nessuno, o quantomeno questo crederà. Riguardo la ricerca del vero talento, ci sono due scuole di pensiero, che esprimono la propria filosofia utilizzando delle metafore animali: la prima sostiene che non puoi fare di un’anatra un’aquila, se hai bisogno di un’aquila la devi cercare in mezzo alle aquile; la seconda sostiene che piuttosto che passare la vita alla ricerca di un unicorno è meglio procurarsi un cavallo e sperare che – in un modo o nell’altro – al reclutato equino spunti prima o poi un corno sul muso. La prima teoria la definirei cartesiana, quasi spietata nel suo dividere il mondo tra anatre ed aquile. È l’espressione del più forte, di chi si sente padrone del mondo, di chi può permettersi di allevare aquile e non coglie il lato romantico dell’anatra. Si potrebbe pensare che si tratti di una strada più semplice da percorrere, perché una volta acquisita l’aquila, questa ti garantirà una potenza, un’efficacia, una precisione quasi impareggiabili, ma deve tenersi anche conto di quanto possa essere difficile costringere più aquile in una stessa voliera e di quanto sia difficile gestire la convivenza tra aquile ed anatre, con grande disappunto di quest’ultime. E poi, chi l’ha detto che le anatre sono tutte uguali? Esisteranno – probabilmente – anche anatre più intelligenti delle altre, più scaltre e destinate ad essere dominanti nella loro specie. Quello che dovremmo fare – allora – è creare un clima aziendale e dei processi operativi che consentano ad aquile ed anatre una coesistenza fruttuosa, trovando ad ognuna il proprio spazio, dando alle poche aquile il ruolo che meritano, ma assicurando anche alle anatre la loro dignità, facendole sentire importanti. La seconda scuola di pensiero – quella del cavallo e dell’unicorno – è la scuola dei possibilisti, di chi comunque riesce a cogliere il lato romantico delle cose. Il cavallo è animale bellissimo, che ha un rapporto straordinario con gli uomini, non fosse che l’umana fantasia che immancabilmente si manifesta, cerca ciò che non esiste. Ma siamo sicuri che non esista? La metafora dell’unicorno è interessante, perché – ovviamente – nessuno l’ha mai visto, e nonostante ci siano degli studi scientifici che sostengono come sia probabilmente esistito un animale più o meno somigliante, non ce ne è alcuna prova. E meno male, perché il fascino dell’unicorno sta nella sua leggendarietà. Allora, in un qualche modo, possiamo sentirci anche noi autorizzati a creare il nostro personale unicorno, iniziando con il reclutare un cavallo di razza – eh sì, c’è cavallo e cavallo – per poi sperare di veder crescere il corno. Come? Mescolando insieme una serie di ingredienti magici nel mondo del lavoro: fiducia, formazione, tempo, indipendenza, gratificazione. Riusciremo così ad avere un unicorno vero? No. Ma qualcosa che potrà somigliargli molto. Sia che si preferisca la prima scuola di pensiero, sia che si opti per la seconda, rimane centrale il ruolo dell’azienda, che deve essere disposta ad investire sulle persone, valorizzando anatre e cavalli nell’attesa che prima o poi si manifesti un vero unicorno.