Tratteniamo i talenti. La clausola di durata minima del rapporto di lavoro a favore del datore di lavoro
di Roberto Santoro
Tecniche di fidelizzazione del rapporto
Il mercato del lavoro, oltre istituti e tecniche di reclutamento di personale qualificato e/o di particolare interesse per il datore di lavoro, da tempo conosce istituti diretti a trattenere in servizio alcune figure di lavoratori subordinati (i cosiddetti core workers). Tra le diverse tecniche con le quali le imprese cercano di mantenere alle proprie dipendenze i lavoratori con incarichi strategici e/o dotati di professionalità specialistica, si possono distinguere quelle direttamente rivolte a favorire la continuità del rapporto di lavoro attraverso l’introduzione di limiti alle dimissioni (il prolungamento del periodo di preavviso o la clausola di durata minima garantita) e le misure che tutelano l’impresa dalla concorrenza del lavoratore dopo la cessazione del rapporto (il patto di non concorrenza e l’obbligo al segreto aziendale).
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Tali misure hanno evidenziato alcuni limiti quali, per esempio, l’incoercibilità delle eventuali inibitorie giudiziali nel caso di inadempimento di un patto di non concorrenza o il possibile adempimento solo formale (con collaborazione qualitativamente di molto inferiore con quella offerta in precedenza) in caso di allungamento del preavviso e di clausola di durata minima. Per tali limiti, in passato – prima di assestamento della giurisprudenza successivamente richiamata, che ha dissolto i dubbi circa la legittimità e l’efficacia sostanziale di strumenti diretti a limitare la libertà e l’autonomia del prestatore di lavoro e, sempre più, nel corso del tempo – hanno preso piede altre tecniche di fidelizzazione del lavoratore, dirette più che a vincolare giuridicamente il prestatore, ad incentivarlo a rimanere alle dipendenze del datore di lavoro, o offrendogli un sereno clima e ambiente aziendale o con motivazioni retributivo – professionali.