Mambo italiano
di Giuliano Testi – CTS SEAC
Hey mambo, mambo italiano,
hey mambo mambo italiano,
go go go you mixed up siciliano
all you Calabrese do the mambo like-a crazy with the
hey mambo don’t wanna tarantella,
hey mambo no more mozzarella
hey mambo mambo italiano
try an enchilada with the fish baccalà
Era il 1954, Trieste ritornava italiana, nasceva la Rai, Tolkien pubblicava “Il Signore degli Anelli”, veniva scalato per la prima volta il K2. Nel mentre accadeva tutto questo, un tale di nome Bob Merrill scriveva una canzone che sarebbe divenuta famosissima, “Mambo italiano”, incisa da molti artisti, tra i quali Rosemary Clooney e Dean Martin. L’intento era quello di ironizzare sugli stereotipi italiani, la tarantella, la mozzarella, la voglia di cantare e ballare, la mediterraneità da cartolina che faceva coincidere l’Italia con il Sud ed il suo calore.
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Certamente, qualche strana commistione era presente, e l’accostamento tra mambo, rumba, calabresi e siciliani può far sorridere, ma il pezzo è di quelli che rimangono in testa – la storia lo dimostra – e quindi perdoniamo amichevolmente il buon Merrill. Al di là dell’aspetto folcloristico, “Mambo italiano” ci dà lo spunto per parlare del Made in Italy. Che cosa era, per l’appunto, il Made in Italy allora? L’Italia era uscita da una drammatica guerra, l’economia doveva ancora riprendersi, il mitico boom italiano sarebbe iniziato da lì a poco ma non era ancora una realtà, la nostra produzione industriale non era ancora all’altezza dei tempi. E allora la risposta è che il Made in Italy coincideva con il cuore e la passione che gli italiani sapevano mettere nelle loro attività, con il calore umano di persone che con fatica si stavano risollevando dallo sforzo bellico, con la fantasia che da sempre ci contraddistingue. Sono passati molti decenni da allora, il livello qualitativo delle nostre produzioni non ha da invidiar niente a nessuno, siamo in grado di creare meraviglie tecnologiche, abbiamo realtà produttive – molte medie e piccole – che realizzano prodotti di qualità eccelsa, possiamo vantare molti tra i brand più conosciuti al mondo. Ma ancora oggi, se parlate con una qualsiasi persona proveniente da un angolo sperduto del nostro pianeta, vedrete che il termine Made in Italy e la parola “Italia” saranno immediatamente evocativi degli stessi valori di settanta anni fa, cuore, passione, fantasia e magari voglia di ballare e mangiare cibi gustosi. Quello che dobbiamo fare è evitare con cura di dimenticare il nostro dna, di considerarlo un aspetto secondario. È, invece, un tesoro da esibire con orgoglio, da conservare con cura, da insegnare alle nuove generazioni.