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Forse non sarà un algoritmo a cambiare le regole del gioco

Il caso

Un’azienda del settore della moda pubblica sui propri social network una nuova proposta di lavoro per ricoprire un’importante posizione di responsabilità all’interno del proprio organico. In particolare, la posizione vacante riguarda il reparto che cura la scelta dei colori dei capi di abbigliamento prodotti dall’azienda per le nuove collezioni.

Considerata l’importanza dell’azienda in causa, nonché l’elevato numero di persone che ambiscono a lavorarci, la stessa decide di affidarsi ad un algoritmo che selezioni automaticamente solo un numero determinato di candidati tra i tanti curricula ricevuti.

Le diverse analisi poste in essere dal software, tra cui quella che attiene ai social network e ai contenuti in essi pubblicati (foto, video, frasi, musica), sono infatti finalizzate a ricostruire il carattere dei candidati. L’obiettivo è quello di risalire ai colori che, con più probabilità, sceglieranno per i capi di abbigliamento.

Con la preselezione curata dall’algoritmo viene escluso uno degli aspiranti alla posizione, il quale però, sicuro di aver tutti i mezzi per ricoprire il ruolo vacante, chiede all’azienda delucidazioni sulle ragioni fondanti la decisione dell’algoritmo. 

L’azienda, considerata la difficoltà di risalire alle motivazioni che nel concreto hanno portato l’algoritmo a non preselezionare il candidato in esame, si chiede se sia tenuta a fornire a quest’ultimo una risposta e quali rischi corra qualora quest’ultimo decida di rivolgersi ad un giudice.

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La questione giuridica

Il quesito riguarda una prassi che negli ultimi anni sta interessando in maniera sempre più importante il mondo del recruiting: l’applicazione dell’intelligenza artificiale e delle tecniche di data analysis alla selezione del personale.

Nel caso in esame, l’azienda si affida ad un algoritmo che compie il primo controllo dei Cv ricevuti, al fine di selezionare i candidati che più appaiono in linea con il profilo ricercato dall’azienda e, pertanto, meritevoli di fare un colloquio con il responsabile delle risorse umane della stessa.

Se da un lato non sono in discussione i notevoli vantaggi che dall’applicazione di un algoritmo alla selezione del personale possono derivare sul lato del rapporto qualità-prezzo, o per meglio dire risparmio-efficienza, dall’altro non mancano però profili di criticità, in particolare per quanto attiene alla delicata questione della protezione dei dati personali dei candidati. Ancor più, considerando che l’algoritmo, al fine di inquadrare in maniera ottimale il candidato, deve servirsi di un numero di dati personali dello stesso il più ampio possibile.