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SEAC

Pierre Henrichon

 
Big data e rischi connessi

Intervista a Pierre Henrichon

di Giuliano Testi – CTS SEAC

La nuova economia ampiamente basata sugli algoritmi e i big data pone delle sfide importanti – finanche epocali – ma certamente anche preoccupanti. Dietro le promesse di progresso, quali interessi si celano? Quale sarà l’esito dell’incontro tra l’automatizzazione del lavoro, la cibernetica ed il neoliberalismo, uniti grazie ai big data? Molte domande, molti dubbi. Per chiarire alcuni di questi punti ampiamente dibattuti, ho interpellato Pierre Henrichon, traduttore, militante per più di quarant’anni in vari movimenti politici, presidente-fondatore di Attac-Quebec e membro della Fondazione Charles-Gagnon. Si interessa da diversi anni dei legami tra scienze, tecnologie ed evoluzioni sociali e politiche. Nel 2020 ha pubblicato con la casa editrice canadese Écosociété il volume “Big Data: faut-it avoir peur de son nombre?”

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Qual è il concetto fondamentale che esprime nel suo libro?

Ho cercato di capire come certe teorie – liberalismo, cibernetica, management – siano storicamente confluite e, grazie all’informatizzazione e alla raccolta sfrenata dei dati, abbiano contribuito a minare le forme di solidarietà e le necessarie mutualità che rendono vivibili le nostre società. Sono arrivato alla conclusione che i big data – uno dei principali risultati di queste convergenze – accelerano la dequalificazione del mondo e degli esseri umani attraverso una massiccia quantificazione dei nostri comportamenti, delle nostre attività e delle nostre relazioni con il mondo e con gli altri. Ho anche voluto dimostrare che nulla è inevitabile: possiamo sottoporre collettivamente lo sviluppo tecnologico ai nostri bisogni, ai nostri desideri e al bene comune.