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La sentenza n. 54 del 4 marzo 2022 della Corte Costituzionale: una sentenza annunciata

Efficace dialogo tra le Corti in tema di sicurezza sociale

di Roberto Santoro

Massime

●  È incostituzionale l’articolo 1, comma 125, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge finanziaria per il 2015) nella parte in cui esclude dalla concessione dell’assegno di natalità (c.d. bonus bebè) i cittadini di paesi terzi che non sono titolari del permesso di lungo soggiorno previsto dall’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998.

●  È incostituzionale l’articolo 74 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53) nella parte in cui esclude dalla concessione dell’assegno di maternità i cittadini di paesi terzi che non sono titolari del permesso di lungo soggiorno previsto dall’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998.

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La normativa esaminata dalla Corte Costituzionale

Per una migliore comprensione di quanto deciso, lavorando la Corte Costituzionale su norme e non su fatti, sembra opportuno iniziare con l’esposizione della normativa sospettata di incostituzionalità e che ha comportato le due statuizioni, sopra riassunte ed esplicitate, derivanti da normativa già venuta meno nel corso del procedimento incidentale di costituzionalità, il che, come in seguito esposto, non ha escluso una decisione nel merito da parte della Corte.

L’assegno di natalità, introdotto allo scopo di “incentivare la natalità e contribuire alle spese per il suo sostegno”, è stato riconosciuto inizialmente “per ogni figlio nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017” ai genitori appartenenti a un nucleo familiare che si trovi “in una condizione economica corrispondente a un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) […] non superiore a 25.000 euro annui”.