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Binyamin Appelbaum

 
Il tempo degli economisti

Intervista a Binyamin Appelbaum

di Giuliano Testi – CTS SEAC

Quando il boom economico del secondo dopoguerra iniziò a vacillare alla fine degli anni ’60, una nuova generazione di economisti guadagnò influenza e potere. Nel corso del tempo, le loro idee hanno influenzato fortemente l’attività dei governi. Però, l’abbraccio risoluto dei mercati è avvenuto a spese dell’uguaglianza economica, della democrazia liberale e delle nuove generazioni. Di questo parla un libro molto interessante, “Il tempo degli economisti. Falsi profeti, libero mercato e disgregazione della società” (Hoepli, 2021) scritto da Binyamin Appelbaum, editorialista di economia e business del New York Times e finalista per il premio Pulizter. Ho avuto il piacere di potergli porre alcune domande.

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Binyamin, l’edizione italiana del tuo libro “The Economists’ Hour” è stata pubblicata alcuni mesi fa. Personalmente l’ho trovata molto interessante. Posso chiederti quale è la big picture story del libro? Che cosa vuoi mettere in evidenza?

Il mio libro, “Il tempo degli economisti”, è la storia di una rivoluzione. Durante gli anni ’60, gli economisti negli Stati Uniti iniziarono a svolgere un ruolo centrale nella definizione delle politiche pubbliche. In particolare, hanno sostenuto la necessità che il governo riducesse il proprio ruolo nell’economia: meno regolamentazione, meno tasse, meno spesa. Sostenevano che i mercati erano migliori dei burocrati nell’allocare le risorse. E questa scuola di pensiero, sull’economia e sul governo, si è poi diffusa in tutto il mondo.
Questa rivoluzione ha contribuito ad un enorme aumento della disuguaglianza economica nelle democrazie occidentali. I governi, negli anni centrali del ventesimo secolo, avevano adottato politiche volte ad equiparare le opportunità, ad esempio attraverso l’istruzione a basso costo, ed a ridurre le disuguaglianze, ad esempio attraverso una tassazione progressiva. Durante quella che ho chiamato Economists’ Hour, gli Stati Uniti e i paesi che ne hanno emulato l’esempio hanno ridotto significativamente questi sforzi. La disuguaglianza è aumentata – almeno in parte – perché abbiamo smesso di cercare di limitarla.
Nel mio libro sostengo che questo non è solo un problema economico. Sta mettendo a dura prova la fattibilità della democrazia liberale: man mano che il divario tra i ricchi e tutti gli altri si allarga, diventa più difficile costruire un sostegno politico per politiche ampiamente vantaggiose. Invece, abbiamo una situazione nella quale i ricchi cercano di trarre profitto dal governo e i poveri chiedono sostegno.
Negli Stati Uniti si parla di “We the People” ma abbiamo sempre meno cose in comune.