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SEAC

Luna e Gnac

di Giuliano Testi – CTS SEAC

La notte durava venti secondi, e venti secondi

il Gnac. Per venti secondi si vedeva il cielo

azzurro variegato di nuvole nere, la falce

della luna crescente dorata, sottolineata da

un impalpabile alone, e poi stelle che più si

guardavano più infittivano la loro pungente

piccolezza … tutto questo visto in fretta in

fretta … perché i venti secondi finivano subito

e cominciava il Gnac.

Italo Calvino, Luna e Gnac in Marcovaldo (1963)

Recentemente, mi è capitato di rileggere “Luna e Gnac”, uno dei racconti contenuti in quel piccolo capolavoro che è Marcovaldo, ovvero Le stagioni in città di Italo Calvino. Protagonista di tutti i racconti è Marcovaldo, un manovale con problemi economici, ingenuo, sensibile, a suo modo interessato all’ambiente e un po’ buffo e malinconico. Ebbene, da una delle finestre della sua casa, Marcovaldo, la moglie ed i suoi numerosi bambini osservano un panorama per così dire mutevole. Per venti secondi si vedono chiaramente il cielo, le stelle e soprattutto la Luna, poi per venti secondi si vede il Gnac, ovvero “una parte della scritta pubblicitaria Spaak-Cognac sul tetto di fronte, che stava venti secondi accesa e venti spenta, e quando era accesa non si vedeva nient’altro. La luna improvvisamente sbiadiva, il cielo diventava uniformemente nero e piatto, le stelle perdevano il brillio”.

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Questo racconto mi ha riportato alla mente un tempo ormai lontano, quando le facciate ed i tetti delle nostre città ospitavano le insegne luminose pubblicitarie, le scritte al neon. Ce ne erano di grandi, composte da lettere maiuscole tridimensionali, che proiettavano la propria luce a grande distanza e trasmettevano un messaggio di importanza del marchio, di solidità aziendale; ce ne erano di piccole, più modeste, realizzate utilizzando i tubi al neon che la grande manualità artigiana del tempo riusciva a lavorare con finezza straordinaria. Le grandi possedevano quello che i conoscitori del marketing chiamano effetto wow, ci lasciavano a bocca aperta, ma le piccole – non lo nascondo – erano le mie preferite, perché avevano forme particolari e colori bellissimi. Solitamente rosa, rosse, gialle o blu, talvolta si mostravano in colori insoliti, viola, verde acquamarina, arancio, e vederle era proprio un piacere. Nella loro semplicità, le insegne al neon erano efficacissime, attiravano l’occhio immancabilmente e tutti, al calar delle ombre guardavano in alto dove – tanto per citare il poeta Umberto Saba – invece di stelle ogni sera s’accendevan parole. Alcune di queste entravano a far parte del paesaggio urbano, venivano riconosciute come familiari e – per certi versi – divenivano oggetti d’affezione, si fotografavano, se ne facevano cartoline. Quando si bruciavano – e succedeva abbastanza spesso – tutti lo notavano e ne auspicavano la riparazione, quando venivano rimosse quelle presenti da molto tempo, si diffondeva un senso di dispiacere, di distacco, di perdita di un frammento del proprio vissuto. Oggi il paesaggio è molto cambiato, le insegne luminose hanno ceduto il passo ad altre forme di pubblicità, certamente più efficaci ed universali dal punto di vista del mercato. Da un lato si sono sviluppati i media – ed oggi i social – che permettono di raggiungere platee addirittura mondiali in pochi secondi, dall’altro si sono sviluppate le scienze del marketing e del branding con tutte le loro derivazioni. Di branding e neurobranding abbiamo parlato con due grandi esperti come Michael Beverland e Mariano Diotto. L’evoluzione del branding e l’uso delle signature stories sono stati, invece, gli argomenti dell’intervista con il “padre del branding moderno”, David Aaker. Se ci pensiamo bene, sono cambiati i mezzi tecnici, ma alla base della comunicazione c’è ancora la ricerca di far colpo sulla sensibilità emotiva delle persone. Ai tempi, poteva bastare una luce – ma tutto era più semplice – oggi si creano campagne pubblicitarie costosissime calibrate su un mondo complesso e difficile. Per quanto mi riguarda, ho deciso di comperarmi una di quelle vecchie insegne che ormai si trovano sui banchi dei mercatini dell’antiquariato. La appenderò in un posto tutto mio. Naturalmente al neon, possibilmente rosa.